Innovativi sensori microfluidici renderanno più agevole il controllo continuo della pressione intraoculare, fondamentale per i pazienti affetti da glaucoma. A fare le misure sarà lo stesso malato, grazie a questi dispositivi semplici e privi di batterie e con l’ausilio di uno smartphone.
Un gruppo di ricercatori di Stanford (California) ha sviluppato un nuovo sensore, piccolo ed economico, che potrà semplificare notevolmente il controllo di pazienti sottoposti a terapia per la cura del glaucoma. In particolare, esso permetterà di monitorare i cambi della pressione intraoculare lungo l’intera giornata. Sebbene sia necessario impiantare il dispositivo nell’occhio, in seguito il paziente sarà in grado di effettuare per proprio conto le misurazioni, senza dover stare in una struttura ospedaliera.
Il glaucoma è una malattia oculare molto grave che affligge oltre 65 milioni di persone al mondo e rappresenta la seconda causa di cecità, dopo la cataratta. E’ noto che un importante fattore di rischio è un’elevata pressione intraoculare, pertanto è importante farsela misurare regolarmente dall’oculista: se tale sintomo viene rilevato, occorre intervenire tempestivamente per ridurla, spesso ricorrendo alla chirurgia.
Pressione intraoculare sotto controllo
Il monitoraggio della pressione interna degli occhi è importante non solo per la diagnosi, bensì anche per la verifica degli effetti della terapia anti-glaucoma e/o nel periodo successivo all’operazione. A rendere piuttosto complicato tale compito è il fatto che, secondo quanto si è scoperto attraverso vari studi, la pressione intraoculare varia lungo l’arco della giornata e a seconda della posizione (essa è maggiore quando si sta supini). Inoltre, tali variazioni appaiono più ampie nei soggetti affetti da glaucoma. Ciò che ne consegue è che la misurazione puntuale effettuata dall’oculista non è sufficiente per tenere sotto controllo i pazienti a cui sia stata diagnosticata la malattia.
Il dispositivo realizzato dai fisici e bioingegneri di Stanford (California) è costituito da un sensore di pressione che si può montare in una lente intraoculare, del tipo di quelle che vengono impiantate chirurgicamente a pazienti affetti da cataratta.
Il sensore si basa su semplici principi di fisica dei fluidi. Esso è composto da un canale microfluidico messo in comunicazione diretta con il liquido acquoso presente nell’occhio e connesso, dall’altro lato, a una piccola riserva di una sostanza gassosa. La pressione intraoculare fa sì che il liquido entri nel microcanale e comprima il gas, fino al raggiungimento di una condizione di equilibrio. Se la pressione aumenta, l’interfaccia tra il liquido e il gas si sposta in direzione della riserva di quest’ultimo; viceversa, se ne allontana se la pressione diminuisce.
Basta uno smartphone
Ciò che rende tale dispositivo estremamente pratico è il fatto che la misura effettuata possa essere letta semplicemente con uno smartphone dotato di fotocamera. Occorre solo adoperare un adattatore ottico, che consenta di posizionare correttamente la fotocamera di fronte alla pupilla e mettere in ombra l’occhio, e di un programma specifico in grado di analizzare l’immagine così acquisita e estrarne il valore della pressione intraoculare. L’uso di un dispositivo elettronico intelligente, come appunto lo smartphone, facilita anche l’immagazzinamento ordinato dei dati e la ricostruzione delle variazioni giornaliere della pressione.
I test condotti sui prototipi di tali sensori ne hanno messo in evidenza la elevata precisione e sensibilità, caratteristiche che li rendono particolarmente affidabili.
E non sono gli unici: altri misuratori “portatili”
Non si tratta in realtà dei primi misuratori di pressione intraoculare “portatili” che siano stati inventati. Un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan ha sviluppato un sensore capacitivo basato sulla tecnologia MEMS (sistemi micro-elettro-meccanici), il quale misura la pressione dell’occhio a intervalli fissi e li registra su una piccola memoria RAM. I dati sono poi inviati ad un dispositivo di lettura tramite una microantenna.
Anche la compagnia svizzera Sensimed, specializzata in apparecchiature elettromedicali, ha messo a punto un misuratore incorporato in una lente, basato su un anello di platino che si tende (o comprime) e cambia resistenza a seconda della pressione. Anche in questo caso i dati sono trasmessi a un sistema di lettura tramite antenna.
Tali soluzioni risultano però poco comode perché entrambi i dispositivi sono piuttosto ingombranti e, soprattutto, hanno delle batterie che devono essere ricaricate periodicamente. Il grandissimo vantaggio del sensore microfluidico sviluppato a Stanford è che esso, invece, non ha alcuna antenna e non ha bisogno di essere caricato. I dati relativi alle misure di pressione, infatti, non vengono inviati, bensì la lettura avviene direttamente tramite un comune smartphone dotato di apposita applicazione. Dall’altro lato, però, tale sensore non registra automaticamente la pressione, bensì è il paziente o un suo parente a dover occuparsi di fotografare regolarmente l’occhio interessato. Inoltre, il gas potrebbe lentamente fuoriuscire, rendendo la lettura imprecisa. I ricercatori stimano però che il dispositivo possa funzionare correttamente per almeno dieci anni.